Chi sopravvive per poche ore a un sinistro ha diritto al risarcimento?

Come noto, ha diritto al risarcimento del danno non patrimoniale anche lo sventurato il quale non muore nell’immediatezza di un sinistro, bensì sopravvive anche per pochissime ore dopo l’evento. Il principio è stato rimarcato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza del 6 ottobre 2020, nr. 21508.

Trattavasi del caso di una collisione  tra un ciclomotore e una autovettura. Il conducente del motorino, immediatamente condotto al reparto di terapia intensiva del più vicino nosocomio, vi decedeva  a distanza di un paio di giorni.

La Corte d’Appello territorialmente competente, in secondo grado, aveva rigettato la domanda di risarcimento dei danni iure hereditario sulla base di un orientamento giurisprudenziale consolidato. Quello cioè in virtù del quale – onde poter chiedere e ottenere il ristoro di questo tipo di pregiudizio – la sopravvivenza della vittima primaria deve essersi protratta per un “apprezzabile lasso di tempo”.

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Il danno da morte, fra diritti e incertezze

Quale risarcimento spetta, ai prossimi congiunti e agli eredi, nel caso di morte di una persona per infortunio? La domanda sembra semplice, ma la risposta è complessa sia con riferimento alla natura dei danni subiti sia con riguardo all’entità del ristoro dovuto sia, infine, rispetto ai soggetti destinatari del risarcimento.

Una sentenza della Corte di Cassazione del 21 giugno 2020, la numero 11279, ci consente di fare un punto sullo stato dell’arte nella materia in oggetto. Innanzitutto, la Suprema Corte ha ribadito un principio ormai consolidato, tanto da potersi definire “granitico”, della nostra giurisprudenza: il danno da perdita della vita è diverso dal (e inconciliabile col) danno da perdita della salute. La vita è un bene giuridico autonomo spettante esclusivamente al titolare della stessa. E, soprattutto, la sua perdita è insuscettibile di essere reintegrata per equivalente. Il che significa, in altri termini: nessuno, tranne l’ucciso, potrebbe reclamare il risarcimento dell’esistenza perduta. Ergo, con la morte della vittima, questa prerogativa ovviamente si estingue e non può trasmettersi ai suoi eredi.

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