Il danno da morte, fra diritti e incertezze

Quale risarcimento spetta, ai prossimi congiunti e agli eredi, nel caso di morte di una persona per infortunio? La domanda sembra semplice, ma la risposta è complessa sia con riferimento alla natura dei danni subiti sia con riguardo all’entità del ristoro dovuto sia, infine, rispetto ai soggetti destinatari del risarcimento.

Una sentenza della Corte di Cassazione del 21 giugno 2020, la numero 11279, ci consente di fare un punto sullo stato dell’arte nella materia in oggetto. Innanzitutto, la Suprema Corte ha ribadito un principio ormai consolidato, tanto da potersi definire “granitico”, della nostra giurisprudenza: il danno da perdita della vita è diverso dal (e inconciliabile col) danno da perdita della salute. La vita è un bene giuridico autonomo spettante esclusivamente al titolare della stessa. E, soprattutto, la sua perdita è insuscettibile di essere reintegrata per equivalente. Il che significa, in altri termini: nessuno, tranne l’ucciso, potrebbe reclamare il risarcimento dell’esistenza perduta. Ergo, con la morte della vittima, questa prerogativa ovviamente si estingue e non può trasmettersi ai suoi eredi.

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