Sulla nullità del ricorso per cassazione notificato via pec

Parliamo del combinato disposto dell’art. 3 bis della L.53/94 e della normativa sulle notifiche così come modificata dall’art. 1 comma 3, decreto 28 dicembre 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 4 del 7 gennaio 2016 e contenente le modifiche alle specifiche tecniche previste dall’art. 34, comma 1 del decreto 21 febbraio 2011, n. 44.

Il prefato decreto contiene le regole tecniche per l’adozione, nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi dell’articolo 4, commi 1 e 2 del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito nella legge 22 febbraio 2010, n. 24.

Alla luce delle succitate norme, quando l’avvocato notifica un atto proprio firmato digitalmente, tale atto deve essere creato precedentemente con word e direttamente trasformato in file PDF.

Inoltre, il testo della normativa è chiaro nel prevedere che la procura alle liti va rilasciata all’avvocato su foglio separato del quale è estratta copia informatica, anche per immagine, ai sensi e per gli effetti dell’art. 18 n. 5 del DM 44/2011 così come modificato dal DM 48/2013. Successivamente essa notificata via pec con documento informatico separato allegato al messaggio di posta elettronica certificata mediante il quale l’atto è notificato.

Quanto all’atto principale, ad esempio il ricorso per Cassazione esso è ottenuto dalla trasformazione di un documento testuale, senza restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti; non è pertanto ammessa la scansione di immagini.

Ergo, i problemi sorgono quando il ricorso introduttivo –  pur essendo costituito da un file formato pdf –  non è un atto nativo digitale (ottenuto cioè mediante la trasformazione di un documento testuale), ma è un file ricavato mediante la scansione di immagini e poi sottoscritto digitalmente. Ciò accade, ad esempio, quando la procura è stata inserita in calce all’atto e compare con sottoscrizione autografa, poi scansionata, del cliente e dell’avvocato patrocinatore della stessa per l’autentica. Ci riferiamo, quindi, ai casi in cui il patrocinio del ricorrente redige l’atto, stampa lo stesso con la procura in calce sottoscritta dalla parte assistita, autentica la relativa procura con sottoscrizione autografa e poi sottoscrive il ricorso e scannerizza il tutto siglando il file digitale così ottenuto con firma digitale.

L’avvocato potrà, invece, notificare l’atto a un soggetto il cui indirizzo PEC risulti da pubblici elenchi avendo cura di allegare al messaggio PEC (da inviare ai fini della notifica) sia l’atto introduttivo (nativo digitale) sia la procura alle liti rilasciata dal cliente.

Sul punto, una interessante sentenza del Tribunale di Livorno evidenzia: “L’atto del processo in forma di documento informatico, da depositare telematicamente all’ufficio giudiziario, rispetta i seguenti requisiti: a) è in formato PDF; b) è privo di elementi attivi; c) è ottenuto da una trasformazione di un documento testuale, senza restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti; non è pertanto ammessa la scansione di immagini; d) è sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata esterna secondo la struttura riportata ai commi seguenti; e) è corredato da un file in formato XML, che contiene le informazioni strutturate nonché tutte le informazioni della nota di iscrizione a ruolo, e che rispetta gli XSD riportati nell’Allegato 5; esso è denominato DatiAtto.xml ed è sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata.”

Se così non avviene, occorre domandarsi se l’atto abbia i requisiti formali  indispensabili per raggiungere lo scopo suo proprio.

La risposta non può che essere negativa, secondo la sentenza testè citata: “Il rispetto delle regole tecniche (quali ad esempio quella sui formati ammessi dei files degli allegati) ha lo scopo di rendere tali atti immediatamente intelligibili a tutti gli attori del processo (senza imporre la necessità di ricercare programmi di conversione di formati diversi), così come la norma che impone che l’atto del processo sia un .pdf ottenuto mediante la trasformazione di un documento testuale, ha lo scopo di rendere l’atto navigabile ad ogni attore del processo e dunque quello di consentire l’utilizzo degli elementi dell’atto, senza la necessità di ricorrere a programmi di riconoscimento ottico dei caratteri, detti OCR (optical character recognition). Ma se così è, la redazione dell’atto processuale in formato pdf ottenuto mediante scansioni per immagini non è idoneo a raggiungere lo scopo dell’atto e dunque deve essere dichiarato nullo ai sensi dell’art 156 comma 2° c.p.c. Nel caso di specie deve dunque essere dichiarata la nullità dell’atto introduttivo del giudizio” (Tribunale Livorno, sentenza del 25.07.14).

Anche il Tribunale di Roma si è espresso nello stesso senso pronunciandosi con sentenza del 13.07.14 e dichiarando l’inammissibilità di un ricorso per decreto ingiuntivo: “La norma impone che l’atto del processo sia in formato pdf ottenuto mediante la trasformazione di un documento testuale, proprio per conseguire lo scopo di rendere l’atto navigabile ad ogni attore del processo e dunque quello di consentire l’utilizzo degli elementi dell’atto, senza la necessità di ricorrere a programmi di riconoscimento ottico dei caratteri, detti OCR (optical character recognition), pertanto, la redazione dell’atto processuale in formato pdf ottenuto mediante scansioni per immagini non è idoneo a raggiungere lo scopo dell’atto e dunque deve essere dichiarato nullo ai sensi dell’art 156 comma 2° c.p.c.”

In siffatte, ipotesi, deve dunque essere dichiarata la nullità anche del ricorso per Cassazione introdotto senza i crismi di legge.

Avv. Francesco Carraro

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