Le conclusioni incerte di una CTU dinamica impongono l’applicazione dell’art. 2054, II c. c.c.

Con sentenza del 05.10.2017, il tribunale civile di Ancona è intervenuto su una vicenda che era stata decisa in primo grado dal Giudice di Pace con l’applicazione dell’art. 2054 II comma c.c. e la ripartizione paritaria delle responsabilità tra l’attore e il convenuto.

In particolare, nel caso in questione il Giudice di primo grado aveva incaricato un consulente tecnico d’ufficio di effettuare una ricostruzione cinematica del sinistro. Quest’ultimo, nelle conclusioni del proprio elaborato si era espresso in termini dubitativi evidenziando come – sulla scorta dei danni e delle deformazioni riportate dai mezzi e della loro direzione di marcia – era possibile, ma non certo che la dinamica fosse quella denunciata dall’attore.

Nella fattispecie, non erano stati decisivi né il testimone escusso e neppure gli agenti accertatori i quali erano tutti intervenuti a cose fatte limitandosi a rilevare la posizione dei mezzi post urto e ricavandone (gli agenti) per deduzione il punto di impatto.

Alla luce del quadro contraddittorio e non univoco delle risultanze istruttorie il Giudice aveva ritenuto di applicare l’art. 2054 II cc che, come noto, così recita: “Nel caso di scontro tra veicoli si presume, fino a prova contraria, che ciascuno dei conducenti abbia concorso ugualmente a produrre il danno subito dai singoli veicoli”.

Orbene, il Tribunale ha richiamato, nell’affrontare e decidere la questione, la giurisprudenza consolidata sia di merito che di legittimità la quale attribuisce una funzione meramente sussidiaria alla prefata norma che dovrebbe applicarsi solo nel caso in cui le risultanze probatorie impediscano di accertare con ragionevole sicurezza la misura in cui ciascuna delle condotte dei conducenti coinvolti nell’evento ha contribuito a ingenerarlo. Non solo: il medesimo indirizzo giurisprudenziale stabilisce che l’accertamento della responsabilità di uno dei soggetti implicati non implica l’automatico superamento della presunzione di colpa avversaria.

Insomma, in presenza dell’accertata responsabilità di uno dei protagonisti dell’incidente, l’altro non può limitarsi a richiamare quest’ultima, trincerandosi dietro la sicura colpa del proprio antagonista, ma deve fornire, piuttosto e altresì, la positiva dimostrazione del fatto che il proprio contegno è stato, nella circostanza, assolutamente esente da censure. Ciò significa che solo l’accertamento incontrovertibile della colpa unilaterale di uno degli automobilisti può consentire all’altro di ottenere l’integrale risarcimento.

Peraltro, la prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno può consistere anche nella dimostrazione che non vi era, nel caso concreto, alcuna reale possibilità di evitare l’incidente. Sul punto si sono pronunciate in ripetute occasioni le sezioni civili della Corte di Cassazione (Cass. 24860/2010, Cass. 3193/2006, Cass. 477/2003, Cass. 5671/2000).

Ne discende che non è sufficiente agli utenti della strada dimostrare di essersi attenuti alle regole di condotta che su di essi incombono giusta la normativa vigente. È indispensabile, infatti, che i medesimi prestino una peculiare attenzione – durante la marcia –  anche al comportamento degli altri utenti della strada, esigendosi da essi financo la capacità di prevedere, nei limiti del possibile, le probabili altrui condotte imprudenti, negligenti, imperite. Tali argomentazioni hanno indotto il tribunale a rigettare l’appello e a confermare la sentenza di primo grado.

Avv. Francesco Carraro

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