La prescrizione del risarcimento dei prossimi congiunti di un macroleso

Una interessante ordinanza della Corte di Cassazione del 28 ottobre 2018, la nr. 26.958, ha affrontato un tema di sicuro interesse per tutti coloro che si occupano di responsabilità civile automobilistica. Ci riferiamo alla prescrizione che, come noto, sconta quanto previsto da una ben precisa norma del codice civile (l’articolo 2947) contemplante – per il diritto al ristoro dei danni in ambito Rc-auto –  un periodo di due anni dall’accadimento del fatto.

Tuttavia, il terzo comma dello stesso articolo specifica che, nel caso in cui il fatto costituisca un reato per il quale la legge penale prevede una prescrizione più lunga, quest’ultima si applica anche alla sfera civilistica dell’illecito con precipuo riferimento al piano del ristoro dei pregiudizi.

In materia, si era giunti a un punto di caduta condiviso: i danni materiali si prescrivono in due anni, mentre i danni fisici si prescrivono nel più lungo termine costituito dalla prescrizione del reato di lesioni colpose che era di cinque anni ed è oggi, per effetto della legge ex Cirielli, di sei anni.  Rimanevano, peraltro, ulteriori questioni da affrontare. Un primo problema sul tappeto era quello della applicabilità della più lunga prescrizione a prescindere dalla presentazione della querela da parte del danneggiato, oppure no. Dopo qualche tentennamento, la Suprema Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, ha chiarito che – onde beneficiare del più lungo termine previsto dal diritto penale – il danneggiato di un sinistro stradale (il quale abbia riportato, nel medesimo occorso, lesioni fisiche) può pretendere l’applicazione della più lunga prescrizione stabilita dal codice penale (per la fattispecie criminosa) anche se non ha presentato querela nel termine previsto dalla legge. Però, è quanto meno necessario che la vittima, in sede processuale, abbia chiesto al giudice civile – a fronte dell’eccezione di prescrizione sollevata dalla compagnia di assicurazione del responsabile civile –  di accertare, incidenter tantum, la sussistenza del reato di lesioni colpose; e ciò  proprio al fine di beneficiare della prescrizione più lunga.

L’altro aspetto che è stato dibattuto davanti alle corti di merito concerneva la possibilità di estendere il termine di prescrizione più lungo, stabilito per il diritto al risarcimento di danni fisici, anche ai danni materiali patiti nel medesimo sinistro. A tal proposito, la Suprema Corte afferma che la più lunga prescrizione è applicabile anche ai danni materiali solo quando il titolare del diritto al ristoro di tale pregiudizio e il titolare del diritto al risarcimento per lesioni coincidano; nel senso che si tratta della stessa persona la quale sia, per ipotesi, oltre che proprietaria del veicolo anche conducente del medesimo.

Veniamo ora all’ordinanza in commento che costituisce l’esito di una vicenda processuale iniziata davanti al Giudice di Pace di Civitavecchia, proseguita innanzi al Tribunale della stessa città e approdata agli scranni della Corte di Cassazione anche per dirimere il seguente dubbio: se il diritto al risarcimento di un soggetto diverso rispetto alla vittima primaria del reato di lesioni colpose, possa beneficiare della prescrizione più lunga prevista per il reato medesimo.

Ebbene, la Corte di Cassazione ha statuito nel senso che la prescrizione più lunga può essere applicata non solo alla vittima diretta del reato di lesioni colpose, ma anche a soggetti terzi (non direttamente lesi in prima persona dall’illecito penale de quo) perché la pretesa di questi ultimi origina da un fatto storico che rappresenta il presupposto prodromico alla richiesta di ristoro avanzata dagli stessi terzi.

Il principio è stato compendiato dalla Cassazione come segue: “In tema di prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante da reato, il più lungo termine previsto dall’articolo 2947 comma tre è applicabile indistintamente a tutti possibili soggetti attivi della pretesa risarcitoria e quindi sia in caso di domanda proposta della vittima diretta o indiretta del reato sia nell’ipotesi di richiesta proveniente da persone che, pur avendo risentito un danno in conseguenza del fatto reato, non siano titolari dell’interesse protetto dalla norma incriminatrice”.

L’esempio fatto dagli Ermellini riguarda l’ipotesi in cui un’amministrazione pubblica aveva chiesto il rimborso degli emolumenti inutilmente versati a un proprio dipendente per  il periodo di assenza conseguente alla malattia determinata da un sinistro stradale.

Bene, la  Cassazione ha ritenuto che, in casi siffatti, debba applicarsi (anche alle pretese del datore di lavoro) il termine più lungo contemplato per le lesioni colpose patite dal lavoratore in quanto il diritto origina dal medesimo accadimento. È vero che la pronuncia di cui ci occupiamo fa riferimento, in modo esplicito, al caso in cui il terzo soggetto faccia valere danni di natura patrimoniale. Pensate,  per esempio, ai genitori di un minore i quali chiedano il rimborso delle spese mediche sostenute per curare e assistere il figlio infortunato oppure, appunto, alla fattispecie della rivalsa del datore di lavoro.

Nondimeno, ci permettiamo di osservare che l’interesse della sentenza in commento concerne anche un’altra situazione su cui spesso si interrogano gli operatori del settore: in che termine si prescrive il diritto del risarcimento del danno non patrimoniale dei prossimi congiunti di un soggetto macro leso?

Nonostante, in siffatte ipotesi, si verta in materia di danno non patrimoniale (e non invece in materia di danno patrimoniale, come bella vicenda decisa dall’ordinanza in argomento) dobbiamo necessariamente concludere che le conseguenze, sul piano giuridico, logico ed ermeneutico, non possono che essere identiche. Infatti, i principii enunciati dalla Corte di Cassazione debbono evidentemente valere sia per il risarcimento del danno patrimoniale di un terzo soggetto non direttamente attinto dal  reato di lesioni colpose sia per il risarcimento del danno non patrimoniale (quindi, di natura morale ed esistenziale o addirittura biologica) vantato dai parenti stretti della vittima primaria.

Avv. Francesco Carraro

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