Compensatio lucri cum damno: la pronuncia nr. 12.566 sul diffalco delle poste erogate dall’Inail

Analizziamo un’altra delle sentenze gemelle delle Sezioni Unite del 22.05.18: la n. 12.566. Con tale pronuncia, i giudici di legittimità hanno ‘declinato’ il principio della compensatio lucri cum damno al tema della rendita erogata dall’Inail a favore di un danneggiato (in seguito alla invalidità permanete da quest’ultimo riportata in un sinistro stradale).

Nella vicenda approdata all’attenzione dei giudici del Palazzaccio, la Corte d’Appello di Genova aveva ritenuto che nulla fosse dovuto alla vittima, a titolo di danno patrimoniale, giacché l’Inail aveva già messo a disposizione del danneggiato una rendita; e lo aveva fatto, addirittura, accantonando una somma superiore a quella chiesta dall’attore per la medesima posta di pregiudizio (e cioè per il danno patrimoniale).

Le Sezioni Unite hanno preliminarmente richiamato i due orientamenti giurisprudenziali esistenti in materia. Secondo il primo di questi (più risalente e minoritario), la costituzione di una rendita, da parte dell’assicuratore sociale e a beneficio della vittima  di un sinistro stradale, non può escludere né ridurre il diritto al risarcimento che l’infortunato vanta nei confronti del responsabile civile, attesa la diversità del titolo giustificativo della rendita  rispetto a quello del risarcimento.

L’altro indirizzo ritiene invece che – nel caso di esperimento, da parte dell’Inail, dell’azione di surroga es art. 1916 c.c., nei confronti del responsabile del danno –  il credito spettante al soggetto leso transita in capo all’istituto previdenziale  per la quota parte corrispondente  all’indennizzo assicurativo che l’Inail ha elargito a favore dell’infortunato.

Le Sezioni Unite fanno proprio questo secondo orientamento muovendo dall’art. 1223 c.c. secondo il quale il risarcimento del danno deve necessariamente includere sia la perdita subita che il mancato guadagno. La prefata norma sottende, logicamente, anche la necessità di tenere in debito conto gli eventuali vantaggi conseguiti dal danneggiato per effetto delle conseguenze positive in ipotesi discendenti dal fatto dannoso. Se così non si operasse, l’infortunato finirebbe per lucrare un ingiusto profitto come già evidenziato da un precedente della stessa Cassazione (sent. nr. 3507 dell’11.07.1978).

Gli Ermellini sottolineano come l’istituto della compensatio trovi applicazioni in tutti quei casi in cui ci si trovi di fronte all’insorgere di poste attive e poste passive rispettivamente a vantaggio o a detrimento dello stesso soggetto; e ciò a prescindere dal fatto che tali poste trovino entrambe ragion d’essere (e quindi titolo fondativo) nel medesimo fatto illecito. Ciò non significa ovviamente attribuire rilevanza a ogni e qualsivoglia vantaggio, indiretto o mediato, conseguente al sinistro; altrimenti si finirebbe per dilatare ad infinitum le poste imputabili al risarcimento finendo, per assurdo, alla paradossale conclusione  per cui lo stesso fatto illecito sarebbe un “colpo di fortuna” di cui rendere merito al danneggiante responsabile.

La sentenza in commento richiama anche la pronuncia del Consiglio di Stato nr. 1 del 2018,  resa in sede di adunanza plenaria, con la quale si è stabilito che dal risarcimento dovuto a un operaio (il quale abbia riportato una patologia riconducibile ad una esalazione di amianto nei luoghi di lavoro) debba essere defalcato l’importo liquidato a titolo di indennizzo dagli enti di protezione sociale. Quindi, il lavoratore dovrà decurtare dalla somma incassata dal proprio datore di lavoro (a titolo di risarcimento) quella conseguita (a titolo di indennizzo) per effetto della riconosciuta dipendenza della patologia da infermità per causa di servizio.

Tornando al nodo della questione, in subjecta materia esiste non solo l’art. 1916 del codice civile,  ma anche l’art. 142 del Codice delle Ass.ni (D.L.vo 209/2005) il quale stabilisce che l’ente gestore di prestazioni di carattere sociale ha diritto di ottenere direttamente dall’impresa di assicurazione il rimborso delle indennità stimate ed erogate a favore del danneggiato.

Tali norme sono contrassegnate da un minimo comun denominatore: la successione, da parte dell’ente pubblico, nel credito (per la precisione nel credito risarcitorio vantato dall’assicurato danneggiato) che attribuisce all’ente stesso la titolarità della pretesa nei confronti dei soggetti obbligati al fine di ottenere sia il rimborso dei ratei già versati sia il valore capitalizzato delle prestazioni future (cfr. Corte Costituzionale n. 319 del 1989, Cass. nr. 14941 del 06.09.12 e Cass. S.U. nr. 8620 del 29.04.15).

Una doverosa precisazione: le Sezioni Unite hanno specificato che andrà defalcata, dall’importo complessivo del risarcimento, solo la somma corrispondente alla rendita corrisposta dall’Inail allo stesso titolo vantato dal danneggiato.

Ciò significa che – se il danneggiato ha chiesto solo il risarcimento del danno biologico – il giudice dovrà decurtare dal risarcimento liquidato a tale titolo esclusivamente la somma capitalizzata della rendita accantonata dall’Inail a tale titolo e non anche quella accantonata a titolo di danno patrimoniale.

Infine, un ultimo inciso rilevante sul piano processuale: l’eccezione di compensatio lucri cum damno va considerata alla stregua di una eccezione in senso lato e, in quanto tale, può essere rilevata anche d’ufficio e non solo su eccezione di parte.

Avv. Francesco Carraro

www.avvocatocarraro.it