Osservazioni sulla Giustizia

In data 05.07.2018, l’Osservatorio sulla giustizia civile del Tribunale di Milano ha pubblicato una integrazione alle nuove ‘tabelle’ per il calcolo del danno non patrimoniale  così come risultanti dalla recentissima edizione dell’aprile del corrente anno.

L’iniziativa si è resa necessaria per fugare alcuni seri dubbi insorti tra gli operatori del settore rispetto alle schede riepilogative dei valori del risarcimento spettanti ai prossimi congiunti di soggetti deceduti ovvero macro-lesi. In effetti, nelle precedenti edizioni, tali valori erano ricompresi all’interno di cosiddette ‘forbici’ oscillanti da una soglia più bassa a una soglia più elevata. O, per meglio dire – se l’italiano ha ancora un senso –  da un minimo a un massimo. In altri termini, tale pregevole strumento per la monetizzazione di un danno di natura eminentemente immateriale veniva, di prassi, interpretato da tutti i principali protagonisti del ramo risarcitorio (giudici, avvocati, patrocinatori e liquidatori) in un modo ben preciso: il soggetto danneggiato poteva ottenere un risarcimento ricompreso all’interno delle ‘forchette’ di cui sopra ma, in linea di principio, non inferiore alla soglia minima e non superiore alla soglia massima; salvo che tale esigenza non scaturisse dalle circostanze del caso concreto che dovevano comunque essere congruamente esposte dalla parte richiedente, in sede di trattativa, o congruamente motivate dal giudice, in caso di sentenza.

La grande novità della nuova edizione delle tabelle 2018 è che le colonne in cui sono inseriti i valori di riferimento non sono più contrassegnate con le preposizioni ‘da’ e ‘a’, bensì come ‘valore monetario medio’ e ‘aumento personalizzato (fino a max)’.

Ebbene, con la nota di cui al presente commento, l’Osservatorio precisa, che – a dispetto della lettura critica di tale modifica di molti commentatori –  non vi è mai stata alcuna intenzione (da parte dell’Osservatorio) di “modificare la tabella del risarcimento del danno da perdita–grave lesione del rapporto parentale”.

E già a tal proposito vi sarebbe di che eccepire. Se, infatti, non vi era alcuna intenzione di alterare i criteri previgenti, non si vede per quale motivo si sia cambiato il nomen deputato a designare le due ‘colonne d’Ercole’ perimetrali del valore risarcitorio (rispettivamente minimo e massimo) riconoscibile alle vittime.

In secundis, agli autori delle nuove tabelle è evidentemente sfuggito l’impatto potenzialmente rivoluzionario che la loro scelta grammaticale può comportare nell’ambito assai prosaico, ma non per questo meno importante, delle trattative stragiudiziali tra i difensori dei danneggiati e i responsabili delle compagnie di assicurazione. Se, infatti, in precedenza si consideravano come valori medi ordinariamente liquidabili quelli assestantisi nell’ambito di un range mediano (appunto) tra le cifre riportate nella prima e quelle riportate nella seconda colonna, oggi (stando alla inequivocabile rivoluzione lessicale patrocinata dall’Osservatorio) la prima colonna non sarà più vista come un punto di partenza sotto il quale non scendere ma, semmai, come  una linea di mezzo dalla quale è possibile tranquillamente discostarsi; al ribasso.

Peraltro, gli estensori del documento ‘chiarificatore’ del 5 luglio, precisano che è vero il contrario (rispetto a quanto testè affermato dallo scrivente); e cioè che la risalente interpretazione (volta a interpretare le ‘colonne’, di cui anzi si diceva, come i marcatori dei minimi e dei massimi) non deve reputarsi corrispondente al tenore della tabella e ai criteri che la ispirano.

Ne prendiamo rispettosamente atto, ma non possiamo condividere giacchè – dagli stessi lavori preparatori e dalle stesse relazioni introduttive alle tabelle di cui trattasi – si ricavava, in modo indubitabile, che la ratio di tale strumento era proprio quella di offrire a chi volesse applicarla uno ‘spread’ di valori ricompreso tra un minimo e un massimo.

Evidentemente, noi (e moltissimi altri), avevamo capito male, ma il fatto stesso che si sia resa necessaria questa sorta di interpretazione autentica delle tabelle da parte dei loro estensori dimostra come la  loro originaria formulazione non brillasse per chiarezza. Peraltro, un antico adagio insegnato nelle scuole di comunicazione recita che –  nel caso di fraintendimenti tra il soggetto comunicante e il soggetto ricevente –  la responsabilità del misunderstanding  compete, di regola, a colui che veicola il messaggio e non a colui che lo recepisce.

Anche a prescindere da ciò, non vi è chi non veda come la innovazione introdotta nell’aprile 2018 vada a tutto beneficio dei soggetti abitualmente tenuti a erogare i risarcimenti (assicuratori in testa) più che non a favore dei danneggiati destinatari delle eventuali liquidazioni.

In ogni caso, la nota integrativa del 5 luglio, se non altro, fa giustizia di ogni possibile dubbio modificando di nuovo i titoletti della prima colonna (che già erano stati rivisitati, rispetto alla loro originaria designazione, nell’aprile di quest’anno) come segue: da ‘valore monetario medio’ a ‘valore monetario base’. La stessa nota, inoltre, ribadisce l’inequivocabile monito contenuto nella relazione introduttiva alle tabelle 2018: “Non esiste un minimo garantito da liquidarsi in ogni caso”.

Che dire? Se si è fatta giustizia di ogni incertezza semantica, ci chiediamo se si sia fatta giustizia anche nel senso più alto e nobile del termine. Abbiamo seri dubbi in proposito.

Avv. Francesco Carraro

www.avvocatocarraro.it