Milano batte Roma 3-0

Crolla anche l’ultimo irriducibile bastione giurisprudenziale dove, in Italia, ci si rifiutava di applicare – in sede di entificazione del danno biologico – le tabelle milanesi. Ci riferiamo, ovviamente, al Tribunale di Roma che, come noto, era rimasto l’unico foro a non aver recepito l’invito ripetutamente espresso dalla magistratura di legittimità a utilizzare, come criterio unico nazionale, proprio la matrice di calcolo patrocinata dall’Osservatorio della Giustizia del Tribunale di Milano.

Ebbene, con recente sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 7200/16, l’eccentrico orientamento dei magistrati capitolini è forse destinato ad essere abbandonato una volta per tutte. Infatti, con la pronuncia in commento la Corte d’Appello – richiamati tutti i precedenti, in subjecta materia, della Cassazione civile (Cass. 10263/15, Cass 20895/15, Cass. 9367/16, Cass 2167/16) – ha messo in evidenza come l’omessa applicazione, da parte del Tribunale romano, delle tabelle milanesi costituisca una patente violazione di una norma giuridica, in quanto tale ricorribile avanti ai giudici di legittimità ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c. comma 1 n. 3.

Il punto nodale della questione, secondo la pronuncia in esame, è che l’adozione dei criteri meneghini a livello nazionale e senza eccezioni è l’unico modo per garantire “non solo una adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l’uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi”. E ciò proprio perché ai parametri valutativi di Milano è stata riconosciuta una “vocazione” nazionale dalla Suprema Corte salvo che non sussistano in concreto circostanze idonee a giustificare l’abbandono degli stessi parametri milanesi.

Per capire l’importanza di tale pronuncia è opportuno ricordare la tenacia con cui il Tribunale di Roma, aveva, negli ultimi anni, non solo conservato ma addirittura risolutamente rivendicato la propria ostinata affezione alle proprie tabelle. Al punto che – nell’approvare gli aggiornamenti per il 2016 – lo stesso tribunale ha avuto modo di dichiarare expressis verbis di essere a conoscenza non solo dell’orientamento contrario della giurisprudenza di legittimità, ma anche delle due proposte di legge giacenti in parlamento (la C1063 Bonafede e quella del DDL Concorrenza), entrambe contemplanti l’adozione normativa dei punti milanesi. Con il medesimo documento, il Tribunale del capoluogo laziale rammentava, senza trarne alcuna ragione di ripensamento, che persino il Giudice di Pace della capitale è uso applicare, in sede di liquidazione, le tabelle lombarde.

Evidentemente il livello di contraddizione di tale stato di cose era giunto a un grado non più tollerabile e proprio questo fatto ha portato alla pronuncia in questione che costituisce un sonoro richiamo all’ordine per tutte le toghe del distretto. Va segnalato, a onor del vero, che la medesima Corte si era già espressa nello stesso senso con sentenza nr. 36 del 2014. Tuttavia, a nulla essendo valso l’invito contenuto nella pronuncia di due anni fa, essa è stata costretta a reiterare la propria esortazione. Sarà interessante, a questo punto, monitorare le reazioni dei tribunali che ancora non si sono adeguati alla disciplina caldeggiata dagli Ermellini in materia di liquidazione del danno.

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