Inail: danno complementare e danno differenziale

In base al D.Lgs. n. 38/00 per infortuni relativi a danni valutati in misura pari o superiore al 16%, l’Inail corrisponde un indennizzo in rendita che è costituita da due quote: la prima, relativa al danno biologico, viene individuata nell’apposita tabella (tabella Inail, n.d.r.) con riferimento esclusivo alla menomazione; la seconda quota viene riferita al danno patrimoniale e calcolata sulla base della retribuzione del grado di menomazione e del corrispondente coefficiente di cui all’apposita tabella. E’ evidente che rispetto a quanto liquidato al danneggiato in sede di causa civile per il risarcimento dei danni, andranno defalcate dall’importo complessivo le somme relative alle voci omogenee oggetto sia della liquidazione giudiziale sia di quella assistenzialistica. In altre parole, se il giudice liquida all’attore sia il danno biologico (o, per meglio dire, complessivamente inteso nella sua riformulazione post sentenza di San Martino, non patrimoniale) che il danno patrimoniale, bisognerà detrarre dalla somma individuata dal giudicante sia la quota capitale messa a disposizione dall’Inail a titolo di biologico, sia quella messa a disposizione a titolo di danno patrimoniale. Laddove, invece, il giudice liquidi solamente un danno non patrimoniale complessivamente considerato (biologico permanente e temporaneo, morale, etc.), ma non quello patrimoniale, andrà detratta dalla somma risarcitoria complessivamente individuata dal giudicante solo la parte Inail erogata a titolo di danno biologico. In altre parole, deve essere defalcata da quanto spettante all’attore la parte di rendita erogata dall’Inail a titolo di indennizzo per il danno biologico. Non dovranno invece essere scomputate quelle parti di danno erogate dall’INAIL a titolo diverso, come ad esempio la rendita costituita dall’INAIL quale ristoro del danno patrimoniale subito dal lavoratore che abbia subito una menomazione superiore al 15% di invalidità permanente. Ciò conformemente a quanto insegnato dalla uniforme giurisprudenza di legittimità e di merito. Del tutto scorretto, dunque, sotto un profilo di elementare buon senso oltre che squisitamente giuridico, è la pretesa che taluni avanzano di compensare le somme che saranno oggetto di condanna a favore del danneggiato con tutte le somme erogate dall’INAIL o da questo istituto messe a disposizione dello stesso. Anche in virtù del l’elementare e nota ragione che l’attore ha diritto sia al c.d. danno complementare (coincidente con le voci di danno non ristorato dell’INAIL), sia al cosiddetto danno differenziale (coincidente con la parte di danno biologico risultata dovuta in sede di R.C. ed eccedente rispetto a quanto liquidato proprio come danno biologico dall’INAIL). Per meglio dire, da un lato non vi è alcuna fondata ragione per cui la controparte, in caso di condanna, non dovrebbe farsi carico di corrispondere al danneggiato le somme liquidate a titolo di danno non patrimoniale, sotto il profilo di biologico temporaneo, sofferenza morale e pregiudizio esistenziale (danno complementare); dall’altro lato, non vi è neppure alcun valido motivo che possa giustificare la decurtazione da quanto liquidato dal giudice a titolo di danno non patrimoniale anche delle poste ottenute dal danneggiato a titolo di danno patrimoniale grazie alle indennità assistenziali. Operando altrimenti, si finirebbe per penalizzare ingiustamente il danneggiato che si vedrebbe riconoscere il danno patrimoniale dall’Inail, ma solo una parte di quello non patrimoniale (sempre dall’Inail) giacchè un’altra abbondante porzione gli verrebbe di fatto sottratta mercè una indebita compensazione con una posta risarcitoria tutt’affatto diversa. Quello per cui agisce il danneggiato, in siffatti casi, viene tecnicamente definito danno differenziale, vale a dire quel quid pluris di danno non patrimoniale che alla vittima del sinistro spetta rispetto a quanto messo a disposizione dall’Istituto. Quid pluris che in genere risulta sussistere sia perché l’Inail non liquida il danno morale e il danno biologico temporaneo, sia perché utilizza tabelle e baremes di calcolo differenti (in pejus) rispetto a quelli civilistici: “atteso il divario fra la minore quantificazione economica del danno da invalidità permanente operata dalle tabelle Inail e quella maggiore operata dalle tabelle create e applicate, in via equitativa, dalla giurisprudenza in materia di responsabilità civile, il lavoratore ha diritto a ottenere il risarcimento della parte di danno non indennizzata dall’Inail (cd. danno differenziale quantitativo); ne consegue che, trattandosi in questo caso di risarcimento e non di indennizzo, il giudice dovrà applicare i consueti criteri civilistici di liquidazione del danno” (Tribunale La Spezia, 16/12/2009). Insomma, non vi è dubbio, neppure a livello giurisprudenziale che l’unica detrazione da effettuarsi da parte del lavoratore infortunato riguardi la somma corrisposta dall’INAIL a titolo di danno biologico permanente, e non invece quella corrisposta a titolo diverso: “Pure successivamente all’entrata in vigore del d.lg. n. 38 del 2000, in caso di infortunio sul lavoro la cui responsabilità sia ascrivibile (al datore di lavoro o) ad un terzo, il lavoratore può ottenere dal responsabile dell’infortunio l’integrale risarcimento del danno biologico da invalidità permanente, detraendo quanto a tale titolo corrisposto dall’INAIL, secondo il principio di esonero da responsabilità patrimoniale fino al concorso delle prestazioni erogate dall’ente previdenziale, sancito dall’art. 10 del d.P.R. n. 1124/65 (c.d. danno differenziale)” (Trib. Camerino, 19.07.06). In altri termini, va evitata quella che viene spesso definita l’ingiusta locupletazione tra le medesime voci di danno ristorate sia dall’INAIL che dal datore di lavoro. Ma ciò non significa che il lavoratore debba essere privato (per effetto di una perversa compensazione tra quanto liquidato dal giudice e TUTTO quanto ricevuto dall’INAIL, senza distinguere tra i titoli delle corresponsioni dell’istituto di previdenza pubblico) di voci di danno che l’INAIL ha corrisposto solo in parte (come ad. es. per il danno biologico permanente) o non ha corrisposto affatto (come ad esempio per il danno biologico permanente o temporaneo). Oggi la scomposizione del danno è un dato acquisito sul piano costituzionale per l’applicazione generalizzata delle nuove regole che completa il percorso portando la Cassazione ad escludere dalla rivalsa voci di danno non comprese nell’indennizzo corrisposto dall’INAIL. Con un’ordinanza del 28.05.07 il Tribunale di Pinerolo ha rigettato un’istanza di sospensione di azione esecutiva rilevano che correttamente l’azione esecutiva era stata promossa con precetto risultante “dalla differenza tra il danno biologico complessivamente liquidato in sentenza (per euro 128.533,33) ed il valore attuale della rendita Inail liquidata per il medesimo titolo (euro 69.750,19)”.

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